Il pensiero dicotomico, detto anche polarizzato, tende a schematizzare gli aspetti della realtà facendo distinzioni nette, e senza mezze misure, a due categorie contrapposte, che si escludono l’una con l’altra o che sono in conflitto tra loro.
In pratica è quello che nel linguaggio comune si descrive come vedere le cose in “bianco o nero”, “giusto o sbagliato”, “intelligente o stupido”, “forte o debole” o “buono o cattivo”.
Le persone con questa tendenza di pensiero ragionano in termini di “tutto o niente” perdendo le infinità di sfumature in mezzo ai due poli e quindi riducendo la complessità e la varietà di relazioni, eventi ed esperienze emotive a due categorie antitetiche ed estremamente rigide.
Si può facilmente riconoscere quando si adotta questa modalità cognitiva poiché i pensieri seguono una struttura abbastanza comune del tipo “o – oppure”:
o non mangio la pasta per tutta la settimana, oppure la mia dieta è inutile;
o vado in ferie una settimana oppure nemmeno un giorno;
all'interrogazione o conosco le risposte oppure farò scena muta.
Questo modo di ragionare diventa una mentalità quando si applica anche agli standard con cui giudichiamo gli altri. Ad esempio:
un cambiamento nella tua vita o la rovinerà per sempre o ti porterà la felicità assoluta;
le cose possono essere o del tutto giuste o completamente sbagliate;
mio moroso si deve comportare in un certo modo, altrimenti avrà chiuso con me per sempre.
Il pensiero dicotomico è una distorsione cognitiva, uno dei bias che possono offuscare la nostra capacità di giudicare e di prendere sagge decisioni, perché deformano o cancellano tutti gli elementi non congruenti con la visione “in bianco e nero”, che invece andrebbero ragionevolmente considerati. L’utilizzo rigido e massiccio di queste modalità interpretative, infatti, porta alla comparsa e al consolidamento dei pensieri automatici disfunzionali.